Nell’ambito della certificazione di conformità urbanistica ed edilizia che il tecnico è chiamato a presentare per accedere ai benefici dell’ecobonus 110% vi è quello relativo al rispetto delle distanze di vicinato.
Un caso particolare è quello relativo alla distanza dalle pareti finestrate, specie se tali pareti siano poste sul confine. Come è noto l’art. 9 Dm 1444/1968 impone una distanza di 10 metri dalle pareti finestrate in caso di nuove costruzioni.
“Ai sensi dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, devono intendersi pareti finestrate non soltanto le pareti munite di vedute ma, in generale, tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce).” (Consiglio di Stato sez. V, 11/09/2019, n.6136).
Presupposto per l’applicazione dell’obbligo di distanza è tuttavia la sussistenza di una parete finestrata validamente edificata e che non violi quindi gli obblighi di distanza sanciti dagli artt. 905 e ss. del codice civile. Così infatti leggiamo in Cassazione Civile, sez. II, 10/05/2018, n. 11287: “La titolarità del diritto reale di veduta costituisce una condizione dell’azione volta ad ottenere l’osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all’ art. 907 c.c. e, come tale, va accertata anche d’ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto vi sia stata ammissione, esplicita o implicita, purché inequivoca, della sussistenza di tale diritto.
In sostanza quindi chi edifica una nuova costruzione deve tenersi distante 10 metri da una parete finestrata già costruita purchè la veduta aperta sulla parete preesistente sia stata costruita a debita distanza o abbia comunque acquisito una servitù di veduta per il lasso di tempo ultraventennale ormai intercorso. Di conseguenza il proprietario di una parete finestrata “irregolare” non potrà a sua volta esigere dal vicino il rispetto o il ripristino dei 10 metri imposti dall’art. 9 dm 144/1968.
Un caso di particolare interesse è quello relativo ad un edificio posto sul confine. In tal caso gli artt. 874 ss. c.c. prevederebbero il diritto del vicino di costruire in aderenza, in appoggio o meno, all’edificio posto sul confine di proprietà.
Tale principio trova però un limite nuovamente nell’art. 9 dm 144/1968. Ovverosia ove la parete posta sul confine sia finestrata, il vicino che voglia costruire il suo edificio dovrà mantenersi a 10 metri di distanza, anche ove il proprio edificio sia previsto ad una altezza inferiore rispetto alle finestrature esistenti. In coerenza con tale principio è stato affermato che “nel caso di esistenza, sul confine tra due fondi, di un fabbricato avente il muro perimetrale finestrato, il proprietario dell’area confinante che voglia, a sua volta, realizzare una costruzione sul suo terreno deve mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri dal muro altrui, con esclusione, nel caso considerato, della possibilità di esercizio della facoltà di costruire in aderenza” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13547 del 20/06/2011, Rv. 618281); è del tutto irrilevante il fatto che la nuova costruzione realizzata nel mancato rispetto delle distanze dal confine sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti e a distanza dalla soglia di queste conforme alle previsioni dell’art. 907 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23495 del 31/10/2006, Rv. 593903).
Chiaro questo principio occorre però osservare che una finestra aperta sul muro di confine è evidentemente illegittima per violazione delle distanze di legge imposte dal c.c. Anche in tale caso, quindi, il vicino che per primo abbia costruito e aperto la sua finestra, potrà esigere il rispetto della distanza solo se abbia acquisito o per contratto o per usucapione un diritto reale di servitù di veduta sul fondo limitrofo.